Guardie giurate lavoratori autonomi. La circolare del 17 ottobre 2019 del Dipartimento della pubblica sicurezza.

Un altro muro sembra essere crollato. Uno dei capisaldi della legislazione di pubblica sicurezza sembra sbriciolarsi sotto i colpi della Giustizia Amministrativa, ma anche del Dipartimento della pubblica sicurezza: le guardie giurate possono prestare la loro opera anche come lavoratori autonomi.

Il fatto. Con la circolare del 17 ottobre u.s. il Dipartimento della pubblica sicurezza ha trasmesso il parere (richiesto dallo stesso Dipartimento), reso dal Consiglio di Stato in sede consultiva in ordine alle conseguenze dell’annullamento, disposto dal TAR Emilia Romagna, del comma 2 dell’art. 6 del decreto ministeriale n.269/2010 (c.d. decreto Maroni) ed alla conseguente possibilità di autorizzare lo svolgimento dell’attività di guardia giurata in forma autonoma.

Viene stabilito, cioè, il principio per cui le guardie giurate non debbono più essere esclusivamente dipendenti da un istituto di vigilanza o da un privato proprietario, ma possono essere lavoratori autonomi (a partita IVA) ed offrire i loro servizi (sulla cui esatta natura però nulla dice la circolare) al miglior offerente.

Una pronuncia dirompente quella della Giustizia Amministrativa che non tiene conto delle conseguenze nefaste per la sicurezza degli operatori e per la qualità dei servizi, oltre che, ovviamente, per la sicurezza dei beni che a questi operatori saranno affidati.

Una serie di domande conseguono dalla lettura del parere del Consiglio di Stato: quali servizi può realmente prestare una guardia giurata autonoma e, soprattutto, quali le sono preclusi? Dovranno utilizzare l’uniforme tali operatori e se si di che foggia (sarà data evidenza che sono “diversi” dai dipendenti degli istituti di vigilanza?)? Non avendo una centrale operativa di supporto chi interverrà in caso di aggressione o anche di un semplice malore? Dovranno rispettare un regolamento di servizio approvato dal Questore? Quanto dura il procedimento di rilascio dell’autorizzazione (180 giorni come per gli istituti o 90 come per il decreto di gpg)?

Insomma, una teoria di dubbi che, peraltro, la circolare del 17 ottobre del Ministero dell’interno non aiuta a dissipare, anzi!

La verità è che oggi la presenza di guardie giurate dipendenti da istituti di vigilanza autorizzati, caratterizzate da un know-how specifico per il servizio e/o il territorio, garantisce l’innalzamento del livello qualitativo del servizio, il miglioramento delle condizioni di lavoro degli operatori, un positivo riflesso sul mantenimento o, meglio, sull’implemento dei livelli occupazionali e, quindi, un generale vantaggio per la sicurezza pubblica, primo riferimento anche per l’attività di vigilanza privata.

Di contro, le recenti pronunce della giustizia amministrativa e la circolare del Ministero mettono a serio rischio tutto questo, aprendo ad uno scenario in cui soggetti privi della necessaria qualificazione professionale, di un coordinamento e una gestione organizzata, di strumenti e tecnologie adeguate offriranno servizi in concorrenza con le aziende di vigilanza, sottoposte, esse si, alla rigida normativa di riferimento.

Ulteriore corollario potrebbe essere un aumento indiscriminato dei porti di pistola e delle conseguenti autorizzazioni alla detenzione dell’arma allorché i nuovi “lavoratori autonomi” avranno cessato la loro attività.

Insomma, lo scenario realistico è quello di un numero imprecisato di soggetti, difficili da controllare, rispetto ai quali non sembra possa costituire un valido baluardo l’attività di controllo delle autorità di pubblica sicurezza.

La situazione è seria e potrà essere risolta solo con un’iniziativa legislativa finalizzata a prevedere tra i requisiti per ottenere il riconoscimento della nomina a guardia giurata l’esistenza di un rapporto di lavoro dipendente con un istituto di vigilanza autorizzato ovvero con il proprietario del bene vigilato, sempre che ci sia la volontà politica di affrontare questo passo.

A cura del Dipartimento Sicurezza