Investigazioni, la relazione del detective vale come prova

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In una causa di separazione, la Cassazione con l’ordinanza 16735/2020 ha rigettato il ricorso di un uomo confermando il valore probatorio della relazione dell’investigatore privato

La Cassazione conferma il valore probatorio della relazione dell’investigatore privato, quando viene confermata dallo stesso in udienza. La Corte Suprema ha rigettato il ricorso di un uomo in una causa di separazione con addebito, poiché l’ex moglie aveva dimostrato il suo tradimento. La prova è contenuta nella relazione del detective, assunto dalla donna per sorvegliare l’ex marito. Dopo un po’ di tempo infatti il professionista scopre che l’uomo ha l’amante. La relazione funge da prova, con la contestuale testimonianza del detective, sia per il Tribunale che per la Corte d’Appello di Potenza. In sostanza, in entrambi i casi i giudici hanno confermato il valore probatorio del report investigativo, addebitando l’assegno di mantenimento all’ex marito.

Tuttavia, l’uomo non ci sta e presenta ricorso alla Corte di Cassazione. Egli si appella a una violazione degli articoli 143 e 151, primo e secondo comma c.pc., secondo cui “la Corte territoriale gli aveva addebitato la separazione sulla base di uno scarno rapporto informativo che non poteva costituire prova, neppure se confermato dall’investigatore che l’aveva redatto”. Per l’ex marito al rapporto dell’investigatore privato non è attribuibile il valore di prova, anche se confermato in udienza.

I giudici della Cassazione però non sono dello stesso avviso. La Corte Suprema infatti attribuisce pieno valore probatorio alla relazione del detective, quando è confermata in udienza. Gli ermellini sottolineano che l’onere di dimostrare “l’inosservanza dell’obbligo di fedeltà” spetta a chi richiede l’addebito di separazione all’altro coniuge. Nel caso di specie si trattava della donna. Tuttavia, la Cassazione fa notare all’uomo che “se l’altra parte eccepisca l’inefficacia dei fatti posti a fondamento della domanda di addebito, e quindi dell’infedeltà nella determinazione dell’intollerabilità della convivenza, diventa suo onere provare le circostanze su cui l’eccezione si fonda, vale a dire l’anteriorità della crisi matrimoniale all’accertata infedeltà”. 

In sintesi, l’ex marito avrebbe dovuto dimostrare che il tradimento era la conseguenza di una crisi matrimoniale già esistente. Invece, in sede di giudizio, non ha nemmeno contestato quanto rilevato dall’investigatore privato, vero attore della vicenda giudiziaria.